E’ di questi giorni la pubblicazione dello studio realizzato dagli economisti Roberto Perrotti e Filippo Teoldi sui risultati ottenuti dal nostro paese in seguito all’utilizzo dei fondi europei per la formazione. Quello che ne esce è un quadro desolante: nonostante si sia dato vita a oltre 500 mila progetti di formazione sono solo 233 i nuovi impieghi ottenuti. Il tutto per una spesa complessiva che si aggira intorno ai 7 miliardi di euro.
Un risultato assolutamente inadeguato specialmente se consideriamo che Francia e Germania riescono a creare oltre 50 mila posti di lavoro proprio grazie a questi progetti di formazione.
Il confronto è davvero impietoso: nel nostro paese la percentuale di persone che dopo aver avuto l’opportunità di partecipare a questi corsi di formazione ha trovato un impiego è dell’1% contro il 19% per la Francia.
Il perchè di tutto ciò è presto detto: spesso non vi è alcun controllo sulla reale utilità di questi corsi. In poche parole questi corsi di formazione finanziati dall’Unione Europea (ma vedremo più avanti che ci costano molto cari) spesso non producono reali posti di lavoro.
La formazione, al contrario, dovrebbe essere finalizzata a garantire al mercato un numero sufficiente di figure professionali negli ambiti in cui vi sia richiesta. Inutile, ad esempio, finanziare i master in ingegneria se il mercato nel settore è saturo.
La formazione di un giovane (ma non solo) dovrebbe essere, specialmente in un contesto economico come quello attuale, assolutamente rivolta a soddisfare le esigenze del mercato del lavoro andando a creare figure professionali in quei pochi settori che ancora ne richiedono.
Come dicevamo i corsi di formazione finanziati dall’Unione Europea hanno un costo non indifferente per il nostro paese che deve contribuire sia in qualità di paese membro che in virtù del regolamento di cofinanziamento.
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